Milano 27 Novembre

 

Stavo per uscire di casa quella mattina, non faceva particolarmente freddo, quindi giusto il tempo di mettere la sciarpa ed ero pronto per uscire, poco prima di prendere le chiavi, vedo il moleskine che la sera prima una mia amica mi aveva regalato.

Non è mia abitudine portarmi moleskine in giro, con tanto di penna, ma quella mattina ho pensato, < meglio averlo con me chissà mi viene voglia di scrivere mentre sono al Duomo > e così sono uscito, con questo moleskine sotto il braccio,  una penna nera nel taschino del giubbotto, che avevo trovato in un porta matite rosso, sopra il frigo, e CHISSA’ PERCHE’  quella mattina avevo deciso di portarmi tutti questi oggetti dietro, visto che non è come dicevo prima, non è mio costume farlo.

Faccio poca strada a piedi, scendo e aspetto la metropolitana, che arriva dopo pochi minuti, erano da poco suonate le undici, ed essendo un  Lunedì  non c’era molta gente sulle carrozze, la maggior parte dei pendolari si trovava già in ufficio oppure a scuola.

Fin qui tutto normale, solo che quella mattina, mi balenò un’idea mista a capriccio in testa, ovvero per qualche strano motivo, in quel preciso istante avevo deciso che nel posto a sedere accanto a me non volevo nessuno, nella mia carrozza, potevano esserci dieci persone sparse per i sedili dunque potevo sedermi comodamente se non accanto o almeno vicino a qualcuno, ma  CHISSA’ PERCHE avevo deciso e sentenziato che volevo un sedile anche da quattro persone tutto per me.

Dovevo scendere in Duomo e ancora mancavano circa otto fermate ero rimasto in piedi, mentre ancora pensavo al fatto che volevo un sedile tutto per me, dunque il mio capriccio non si era assolutamente dissolto.

Dopo un paio di fermate mi sono spostato due carrozze più avanti non verso la coda della metro, ma verso la cabina di pilotaggio, trovo un sedile per quattro persone, completamente vuoto, e mi ci siedo sopra come se fosse stato il trono di Luigi XIV.

Mi sentivo così soddisfatto di essermi seduto proprio lì, perché il mio desiderio/capriccio di non avere nessuno nel mio stesso sedile era stato esaudito.

Alla fermata successiva però  sale una ragazza e va  a sedersi proprio nel sedile davanti a me, inizialmente nemmeno l’avevo notata, non aveva nulla di particolare, dunque dopo uno sguardo veloce, ho girato subito la testa, per evitare di incrociare il suo sguardo una volta che si fosse seduta al suo posto,  sapete il classico imbarazzo che si crea, quando l’estraneo che stai guardando si gira e vi fissate a vicenda per quei nanosecondi, prima che uno di due si giri sopraffatto dalla timidezza o dalla vergogna.

Sostenere un contatto visivo non è mai semplice, specialmente se non conosciamo bene, la persona che ci sta di fronte.

Dopo un paio di minuti, qualcosa della nuova ospite, attira la mia attenzione, era una ragazza carina senza dubbio, ma non è stata la sua bellezza a spingere il mio sguardo verso di lei per guardarla una volta ancora.

Ma un qualcosa di molto più semplice, e che ormai forse non turba più nessuno, la ragazza di fronte a me stava sorridendo, e non un sorriso di quelli che durano poco, aveva la labbra curvate in maniera dolcissima, e a quella dolcezza volevo dare un senso.

La prima cosa che ho notato, nella mia piccols indagine per scoprire il segreto di quel sorriso, è stata che questa ragazza non aveva il telefono in mano, quindi ho subito escluso che gli fosse arrivata qualche buona notizia per via telematica.

Dunque pensavo dentro di me < è Lunedì mattina, tutti sono scazzati per antonomasia perché il weekend è finito, eppure questa ragazza sorride e questa sua felicità non accenna a diminuire, anzi resta bene impressa sul suo volto>  non sono mai riuscito a scoprire il motivo del suo essere così gioiosa, posso solo dire che dovunque sia, sono contento di aver partecipato al suo idillio, anche se indirettamente, ha donato una parte della sua serenità anche a me, e allora ti ringrazio ragazza della metro, per quello che in dieci minuti di viaggio in  metropolitana mi hai regalato.

Poi la mia attenzione dal suo viso, passa alla sua mano sinistra, stava giochicchiando con un qualcosa di sferico color arancio, e dopo un paio di secondi, la ragazza con uno scatto passa l’oggetto dalla mano sinistra alla mano destra  e lo infila dentro la sua borsetta.

Ma in quella frazione di secondi nel passaggio da una mano all’altra, mi accorgo che la ragazza teneva in mano non una pallina, o altro, ma bensì un semplice mandarino.

Subito dopo, la ragazza scende dalla metropolitana, portandosi via, il mandarino e il suo sorriso.

Mentre io sono sceso alla fermata successiva, ovvero al Duomo, e dopo aver fatto i miei giri turistici aver vitato mostre e chiese, verso le diciassette mi sono seduto alla base di un lampione, proprio di fronte alla statua di Vittorio Emanuele III e ho cominciato a mettere insieme tutti i fatti della mattinata.

E allora subito la mia mente, ha rivolto la sua attenzione al mandarino che teneva in mano la ragazza.

Si sa che il mandarino insieme alle arance e un po’ il simbolo della mia terra ovvero la Sicilia, e chiaramente la metropolitana di Milano era l’ultimo posto dove pensavo di vedere un pezzetto della mia terra, e quella mattina ho avuto la fortuna di trovarlo.

Un po’ come Dante che amava la sua Firenze, ma odiava tanto i fiorentini, tant’è che molti li ha spedito all’inferno nella sua Commedia, allo stesso modo io amo la mia terra, perché in essa c’è qualcosa di magico, tutti i miti e la storia di cui è intrisa, la rendono un’isola unica al mondo, e io ho avuto la fortuna  di ricordarla anche a Milano, attraverso quel mandarino,  è stata lei a venire da me a mandarmi un segno attraverso quella ragazza dal sorriso dolce.

Come dicevo, amare la propria terra non significa amare necessariamente i suoi abitanti, o almeno non tutti, purtroppo ancora l’inciviltà e il prevalere sull’altro hanno la meglio, sono cose che ancora riescono ad attecchire, perché ancora il modo di pensare di molti va in quella direzione, e dunque certi atteggiamenti non vengono stigmatizzati e di conseguenza eliminati.

Le piaghe maggiori da debellare nella popolazione siciliana sono inciviltà e voglia di prevalere sugli altri, tolti questi due brutti retaggi culturali del passato si può davvero pensare a un nuovo corso delle cose.

Ecco dunque che da un semplice mandarino, ho tirato fuori questa mia piccola riflessione sul presente e sul futuro della Sicilia, mentre sono qui seduto in Piazza Duomo a Milano.

E allora ho cominciato a scrivere tutta la mia mattinata, da quando sono uscito di casa fino al viaggio sulla metro.

Qualcosa quel giorno mi ha chiamato, e mi ha fatto fare cose nuove che inizialmente non sapevo spiegarmi, tipo portarmi il moleskine e voler stare da solo sulla metropolitana nei posti a sedere.

Perché pensandoci, se quella mattina restavo lì seduto nella carrozza dov’ero salito, non avrei mai visto la ragazza, il suo mandarino e il suo sorriso, mentre spostandomi per trovare un sedile in cui star solo mi ha permesso di vederla, ma bastava un attimo e potevo perdermi tutto questo.

Dunque mi piace pensare che quella mattina sulla metro, sono stato  chiamato dalla Bellezza, che ha preso forma di una fanciulla sorridente, che teneva in mano un  mandarino simbolo della mia terra.

Le gioie semplici, come questa del cogliere la bellezza intorno a noi, anche se ci chiama nei modi più strani possibili, sono le più grandi, sono quelle che alla fine sono le più belle.

La Bellezza quella mattina mi stava dicendo < portati il moleskine e scrivi quello che ti succederà> e poi ancora < non è questo il tuo posto in metro devi andare più avanti se vuoi vedermi> queste chiamate sono cose a cui non c’è una spiegazione razionale, devi soltanto credere che esistono, e goderne quando ti capitano.

Lei ti sussurra e ti chiama sempre, nei modi più impensabili.

 

Un ringraziamento a D. che regalandomi il famoso moleskine di cui vi ho parlato, mi ha dato la possibilità di dare forma scritta, a questa bellissima esperienza.

 

D. M.